La magia di una valigia che entra in una scuola da cui esce carica di giochi per giungere in luoghi dove di ragazzi non ce ne dovrebbero proprio essere. Scuola e carcere minorile: un ossimoro, uno escluderebbe l’altro, mondi lontani.
La magia di una valigia che riduce le distanze del giudizio, del pregiudizio e che permette di guardarsi negli occhi, anche solo per un attimo.
Tutto parte da lontano, dal desiderio di ricordare il giornalista Marco Federici, scomparso nel 2013, da parte di Chiara Cacciani, la moglie, e Anna, la figlia. “La valigia di Marco e Anna” comincia il suo viaggio qualche anno fa, in punta di piedi, ma nel giro di poco tempo è diventata una realtà in cui tanti hanno creduto e che ha raggiunto comunità varie per composizione, età, luogo, finalità,
unite però dal bisogno di poter vivere del tempo buono, in cui poter essere alleggeriti attraverso il gioco dal fardello delle proprie fragilità, ansie, paure, solitudini… Ecco che, una valigia dopo l’altra, i giochi in esse contenuti hanno trovato casa in campi profughi, tendopoli, ospedali, centri di accoglienza, comunità, carceri minorili e non…
La magia della valigia è entrata anche al Liceo delle Scienze Umane “Albertina Sanvitale” e ha lasciato un segno profondo negli studenti e nelle studentesse di 3F, 3H, 3N e 5G dello scorso anno scolastico. Anche grazie alla Fondazione Munus e a Casco, con la supervisione e il coordinamento in particolare delle proff.sse Fecci, Calestani, Pullara e Soprani, si sono date da fare in vari modi per arrivare a predisporre una valigia, destinazione carcere minorile: la classe 5G si è occupata soprattutto della comunicazione delle diverse iniziative sui media, la 3F si è concentrata sulla raccolta fondi attraverso la vendita di piantine di propria produzione, mentre le altre due classi hanno cercato di realizzare dei giochi ex novo, pensati proprio per i destinatari.
Tanto entusiasmo ha portato a realizzarne due di valigie: la prima è stata consegnata da Stefania e Arianna di 5G al carcere minorile femminile di Pontremoli il 21 febbraio scorso; la seconda da Giulia, Rebecca, Alice, Ludovica e Alessia delle attuali 4F, 4H e 4N all’istituto circondariale di Bologna il 25 novembre.
Prof.ssa Carmelina Pullara


LA MAGIA DELLA VALIGIA
di Giulia, Rebecca, Alice, Ludovica e Alessia
Lo scorso 15 novembre abbiamo avuto l’opportunità di consegnare alla comunità ministeriale di Bologna la “speciale” valigia numero 56 del progetto “La Valigia di Marco e Anna”, ideato dalla giornalista Chiara Cacciani. Dopo la consegna della numero 52 nel febbraio scorso al carcere minorile femminile di Pontremoli, le classi del nostro liceo coinvolte nel progetto hanno
nuovamente unito le loro idee e lavorato collaborativamente per permettere che potesse trovare
casa anche questa seconda valigia.
La valigia 56 è la più speciale di tutte quelle consegnate all’interno del progetto, perché contiene tre giochi da tavolo pensati e realizzati direttamente dalle nostre classi per i ragazzi ospiti di strutture carcerarie (“Cucina di sapienza”, “Ulinto” e “Gioco delle 6 bandane”). Quando le nostre insegnanti ci hanno proposto di passare un pomeriggio nella comunità ministeriale di Bologna, tutte e cinque abbiamo accettato motivate ed entusiaste di affrontare un’esperienza completamente nuova e diversa per noi. Tuttavia, inizialmente avevamo alcuni dubbi e paure sulle modalità della nostra relazione con i ragazzi. I giorni precedenti alla visita, infatti, ognuna di noi ha provato ad immaginarsi la situazione in cui ci saremmo ritrovate, ma nessuna aveva messo in conto che l’esperienza alla quale avremmo partecipato si sarebbe rivelata una giornata che avremmo portato dentro di noi per sempre.
“Cosa possiamo fare noi, come semplici ragazze, per aiutarli o comprenderli davvero?”,”Come si comporteranno loro con noi?”,
“Cosa avranno passato e fatto per finire lì?” Queste erano le principali domande che, confrontandoci, ci siamo rese conto di avere in comune e che presto avrebbero avuto una risposta.

Dopo il viaggio in treno da Parma a Bologna ad accoglierci davanti ai cancelli della comunità è stata la direttrice, che ci ha accompagnato all’interno della struttura. Il primo incontro che abbiamo avuto con i cinque ragazzi che ci aspettavano è stato all’ingresso, quando loro ci sono passati davanti per raggiungere la stanza ricreativa. Dentro di noi eravamo intimorite e le sensazioni che abbiamo provato erano molto contrastanti: felicità, curiosità e motivazione nel non giudicare le loro
situazioni ma desiderio di essere il più aperte possibile all’ascolto.
Dopo una breve accoglienza, abbiamo mostrato i giochi che avevamo portato e quelli creati da noi. I ragazzi si sono mostrati fin da subito molto attenti e interessati, nonostante alcune difficoltà nella comprensione della lingua.
Il primo gioco che abbiamo sperimentato insieme a loro è stato “Cucina di Sapienza”. Dopo aver spiegato le regole e iniziato a giocare, la nostra tensione si è sciolta e, tra un ingrediente, una ricetta e una risata, non facevamo più caso da dove venissimo o chi fossimo. In quel momento eravamo solo ragazze e ragazzi che condividevano lo stesso tavolo, lo stesso gioco e lo stesso
entusiasmo. In seguito, ci siamo divisi in due gruppi per provare altri giochi con più tranquillità. E’ stato proprio in questo momento che abbiamo potuto conoscere da vicino le loro storie e il loro passato. Ci siamo stupite di quanto i ragazzi, nonostante fossero nostri coetanei , avessero storie molto difficili alle spalle. La loro maturità nel rapporto con noi ci ha fatto molto riflettere e ci ha permesso di capire il grado di consapevolezza che avevano riguardo ai loro errori. Alcuni si esprimevano con molta fatica, altri erano più aperti, ma in tutti c’era la voglia di non essere giudicati e di passare un pomeriggio all’insegna del divertimento e della spensieratezza.
Ascoltando le storie dei ragazzi e scherzando insieme a loro il tempo è volato. Quando, però, si sono resi conto che per noi era ora di andare è stato un momento emozionante perché a fatica riuscivano a salutarci. Sia loro che noi non volevamo che quel pomeriggio finisse. Prima di andare abbiamo lasciato a tutta la comunità la valigia in dono insieme ad un piccolo pensiero scritto, anche se ci siamo accorte che il vero regalo per i ragazzi era stato il tempo che avevamo passato insieme.
Nel viaggio di ritorno siamo state sommerse da forti emozioni, le principali erano la gioia e la sorpresa per aver passato un pomeriggio così emozionante e intenso. Quella giornata ci ha insegnato che, a volte, basta poco per creare un legame: un gioco, un sorriso o la voglia di condividere un momento. Non dimenticheremo mai quei ragazzi e quel pomeriggio
così speciale.
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