“- So’ ebreo – gli dico in un sussurro – i tedeschi me stanno a cerca’.
Lui non perde tempo manco a guardarmi, mi dice solo:
– Vie’ qua, vicino a me. Nun te mòve!
E così faccio”.
“Un Tram per la Vita” (Il battello a vapore Editore), lo straordinario viaggio di Emanuele Di Porto affidato alla prosa poetica di Tea Ranno, ha fatto tappa anche nel nostro liceo: con la mediazione sensibile e discreta di Gabriele Balestrazzi (a cui va il nostro grazie), che ha fatto da portavoce alle domande preparate dalle ragazze e dai ragazzi di 2^M, 3^H, 3^M e 5^G, il racconto dalla viva voce dell’autrice, come sempre un concentrato di emozioni forti, profonde, intense, di grande impatto comunicativo.
Un libro che nasce da una rivelazione semplice e profonda: “L’emozione di Emanuele è divenuta la mia”. La Storia che si fa storia ed è illuminata dalla straordinaria quotidianità di gesti come quelli dei tramvieri della Roma del 1943. E dalla presenza di Ginotta, la mamma di Emanuele, che spinge il figlio dodicenne giù dal camion dei tedeschi per salvargli la vita. “Resciùd!”, “scappa!”: quando le viscere materne giungono a un gesto che è la sublimazione dell’amore.
«Il 10 gennaio abbiamo avuto la fortuna di avere Tea Ranno qui con noi, nella nostra Aula Magna, insieme al suo “Un tram per la vita”. Il suo intervento è stato a dir poco emozionante. Ha ripercorso dall’inizio la storia del suo libro: da come ha incontrato Emanuele di Porto fino alla stesura vera e propria del testo.
La storia che ci presenta è una storia vera, con qualche elemento di fantasia. Parte tutto dal 16 ottobre 1943, quando un ragazzino sfugge alla mano nazista, con l’aiuto della mamma e di un tram. Emanuele di Porto ha solo 12 anni e quel giorno la sua vita cambia per sempre. Si imbatte, per la prima volta, nella cattiveria umana. Vede la sua città intorno a sé cambiare, morti ovunque, tedeschi in ogni angolo che cercano ebrei, e per questo anche lui. Emanuele non si perde d’animo e prende in mano le redini della famiglia. Dopo la cattura della madre e la conseguente depressione del padre, diventa lui l’uomo di casa. È lui che guadagna quelle poche lire per la sopravvivenza dei suoi fratelli. La sua resilienza è formidabile, non molla. Va avanti, giorno dopo giorno, fino al giorno della liberazione. Quel 4 giugno del ‘44 Emanuele esulta insieme alla folla, gridando di felicità e urlando a tutti di essere ebreo, ma soprattutto di essere vivo. Purtroppo la sua storia non ha un pieno lieto fine, Emanuele non rivedrà più la madre. Scoprirà in seguito che essa era stata condotta ad Auschwitz, il campo di morte, e che lì dentro non era durata neanche due ore, dopo di che era stata condotta nelle camere a gas.
Tea Ranno non racconta questa storia come una tragedia; al contrario, con le sue parole ci vuole trasmettere la speranza di un mondo migliore in un futuro migliore e quel futuro siamo proprio noi giovani. Proprio per questo ci invita a prendere in mano la nostra vita; a non vivere nell’apatia o nell’indifferenza, a non fermarci alla superficie, ma a scavare nelle cose, per capirne il senso e la ricchezza. Ci invita a diventare protagonisti della società stessa e a non limitarci a esserne semplicemente parte. Con il suo libro punta a una vera e propria apertura dei cuori dei lettori. Vuole che la storia di Emanuele sia un esempio, che possa provare anche tu che piccoli gesti di coraggio, a volte, possono salvare la vita di una persona.
Conclude lasciandoci con quello che secondo lei è il segreto della vita, un segreto che risiede proprio nella essenzialità della vita stessa, nei piccoli dettagli, nei piccoli gesti, azioni o parole, perché è lì che risiede la felicità». (Rebecca Cicchese e Sofia Tezza di 5^G)
“- So’ ebreo – gli dico in un sussurro – i tedeschi me stanno a cerca’.
Lui non perde tempo manco a guardarmi, mi dice solo:
– Vie’ qua, vicino a me. Nun te mòve!
E così faccio.”
“Chi salva una vita salva il mondo intero”. L’insegnamento senza tempo del Talmud.
Grazie, Emanuele! Grazie, Tea!
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