UNA PORTA SBATTE, UNO SCHIAFFO PARTE
Storie di amori tossici
stop alla violenza sulle donne
In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, la classe 3I ha riflettuto sull’importante quanto attuale tema della violenza di genere, realizzando componimenti poetici, testi narrativi e un graphic novel. La violenza sulle donne è un gravissimo fenomeno sociale che in Italia coinvolge una parte significativa della popolazione femminile. Reati a sfondo sessuale, violenza psicologica, femminicidi: non c’è spazio per l’indifferenza, perché anche il silenzio è una violenza.
Maria Iori e Sara Bolzoni sublimano in versi
IL RUMORE DEL DOLORE:
Sbang! Una porta che sbatte.
Sbang! Uno schiaffo che parte.
Tu Tum Tu Tum il bambino che sente.
Tu Tum Tu Tum una lacrima che scende.
Sbam! Il dolore ritorna.
Sbam! Come l’onda mi affonda.
Sbang! Sbam! Bum!
In mezzo a tutto questo dolore
penso a te mio piccolo amore.
Sshh, mi abbandono al sonno
nella speranza di tornare al mondo…
Il rumore del dolore
ha affondato quello che credevo amore.
Non so se vivrò…
Ma tu che mi ascolti non lasciare che un uomo
violenti i tuoi sogni.
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La tragica storia di Giuseppina di Fraia, morta dopo essere stata picchiata, investita e bruciata viva dal marito, che si è giustificato vigliaccamente con l’alibi del “raptus momentaneo”, ha ispirato Giulia Mucci e Giuseppe Paparella.
Nel loro graphic novel esprimono il pericolo di un contatto fisico troppo stretto, soffocante, tipico di una relazione malata e tossica, che sfocia inevitabilmente nella violenza.
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Tra i lavori realizzati,
IL DIARIO MAI SCRITTO
Caro diario,
oggi è il 25 novembre. Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne, ma lei si meritava
quella fine.
Come ho scritto qualche mese fa, Marta aveva deciso di non volermi più vedere: diceva
che ero geloso e troppo possessivo, e che non le lasciavo i suoi spazi. Ma io non la
vedevo in questo modo.
Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per lei, perché l’amavo.
Se non la lasciavo andare a ballare con le sue amiche, era solo perché non volevo che
qualche ragazzo ci provasse con lei; se le vietavo di uscire con il suo migliore amico, era
perché il loro rapporto così stretto mi faceva sentire messo da parte.
Insomma tutto quello che ho fatto è stato solo per proteggere il nostro amore, ma lei ha
rovinato tutto!
Non potevo vivere sapendo che vedeva altri ragazzi!
Quindi ho fatto a modo in modo di essere il suo primo e ultimo amore.
Dovevo fare qualcosa!
Così le chiesi di incontrarci per parlare. Non volevo arrivare a tanto, ma è stato necessario
per farle capire quanto ho sofferto per colpa sua.
Ci siamo incontrati in un parco, di notte per non essere disturbati. L’ho vista arrivare con
indosso la felpa del suo migliore amico. Aveva sicuramente intenzione di ferirmi ancora e
io dovevo in qualche modo farle capire che ero solo io la persona giusta per lei. Lei,
invece, ha iniziato a darmi la colpa di averla allontanata dai suoi amici, di averla fatta
sentire prigioniera del nostro amore, di averla fatta sentire solo un oggetto di mia proprietà
e non una persona amata.
Mi sono sentito ferito dalle sue parole. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto perché la amavo!
Non potevo stare a farmi insultare senza agire, e non potevo lasciare che lei potesse
crearsi una vita senza di me. Dovevo fare in modo di essere l’ultima persona che avrebbe
visto, così si sarebbe ricordata per sempre di me.
In pochi minuti tutto è stato chiaro e ho messo fine alla nostra storia e alla sua vita per
sempre: almeno vivrò con il pensiero di averla amata e di aver protetto il nostro amore a
qualsiasi costo.
STORIA DI UNA AMICA
Sono passati due anni, da quando Enrica, la mia migliore amica, è stata vittima di una
relazione tossica che l’ha portata alla distruzione.
Iniziò tutto quando conobbe Riccardo, in un bar di Genova, la nostra città. Mi sembrava un
bravo ragazzo e nei primi mesi della loro relazione si prendeva cura di lei che era felice,
serena e spensierata
Sembravano inseparabili ed io ero davvero contenta anche se iniziavo a vederla sempre
meno. Mi dispiaceva ma desideravo solo che stesse bene e vivesse la sua relazione fino
in fondo. Così mi feci da parte.
Le scrivevo ogni tanto, ma non sempre rispondeva e questa cosa mi insospettì.
Decisi di andare a casa sua per chiederle spiegazione: pensavo che qualche mio
atteggiamento l’avesse indispettita (anche se confrontandomi con il resto del gruppo
sembrava un’ipotesi improbabile)
Quando entrai in casa sua la trovai sul letto, in lacrime. Appena mi vide, mi abbracciò in un
abbraccio pieno di dolore che mi spezzò.
Iniziò a raccontarmi di Riccardo e della loro relazione, mi raccontò che le proibiva di uscire
o di sentire le amiche, mi raccontò della sua gelosia che l’aveva spinta persino a cambiare
scuola ed iscriversi in un altro istituto. Aggiunse che non aveva più un bel rapporto con se
stessa, ne’ con la sua famiglia. Non si piaceva più, non si truccava perché lui non voleva.
Ero allibita, ma il peggio fu quando mi fece vedere i lividi che aveva sul corpo. Restai
scioccata e le dissi di denunciarlo, di parlarne con i suoi genitori. Cercai di aiutarla come
potevo, ma sparì di nuovo.
E quando un giorno tornai da lei, lei non c’era. Era con lui.
Raccontai subito tutto a sua madre Carmela che mi disse che sarebbe intervenuta subito.
Non seppi nulla per giorni e rimasi così, a mezz’aria, come se mi mancasse…e in effetti
mancava lei: la sua spensieratezza e la sua compagnia.
Continuai a chiedere notizie alla madre senza ottenere risposte.
Qualche sera dopo squillò il telefono e, piena di speranze, corsi a rispondere. Era
Carmela. Le mie speranza furono distrutte appena risposi. Faticava a parlare e a
respirare, mi sembrava fosse lì accanto a me e con un sospiro: “Se l’è portata via!”
Enrica, la mia migliore amica, era morta. Riccardo le aveva portato via non solo la libertà,
ma la vita. Ancora non riesco a realizzarlo e forse non ci riuscirò mai. È morta per ciò che
credeva fosse amore, ma io mi chiedo, e vi chiedo: l’amore uccide?
HO PAURA.
Come avrebbe reagito?
Cosa mi sarebbe capitato?
Cosa avrebbe pensato?
Sento dei passi,
passi leggeri
che lentamente mi torturano.
HO PAURA.
Eccolo,
davanti a me
mi fissa
ha gli occhi vuoti
occhi mai visti,
uno sguardo agghiacciante.
HO PAURA.
Mi sta colpendo
Mi sta picchiando
Mi sta massacrando.
Come?
Com’é successo?
Cosa ti abbiamo fatto?
HO PAURA.
Di te, del mondo, del mondo senza di te.
Mi stavi colpendo
nulla sarebbe più stato come prima.
Ce la dovevo fare
Per me, per noi
ma ero sfinita.
Non avevo più la forza di combattere.
Mi hai risucchiato la forza vitale
ormai,
NON HO PIÙ PAURA.
– Lusardi, Valenti